MURO DI BERLINO, LA SUA CADUTA È IL FUTURO DEL COMUNISMO.

Venticinque anni fa veniva abbattuto il muro di Berlino: non era una iniziativa spontanea di qualche giovane attivista, come qualcuno vuol far intendere, ma la conclusione di un processo politico durato decenni e costruito per dichiarare, simbolicamente, la fine della storia.
L'interpretazione ricorrente di questo evento storico è frutto di uno schematismo nauseante, lo stesso che, in questi giorni, ha invaso i commenti di tutta la stampa mainstream di questo Paese: la vittoria del capitalismo sul comunismo. In realtà, la vicenda meriterebbe una lettura più articolata.
Io, che continuo a dichiarami comunista, sarei stato dalla parte di quelli che hanno abbattuto il muro di Berlino non perché pensi che il capitalismo sia l'unica possibilità economica del pianeta. In realtà i regimi dell'est avevano cancellato la libertà di pensiero e di azione, la possibilità di viaggiare per il mondo, l'ambizione di sognare la giustizia sociale: insomma avevano cancellato qualsiasi barlume di comunismo.
Io, che continuo a dichiarami comunista, nei regimi dell'est sarei stato tacciato di eterodossia, forse sarei stato perseguitato come eretico, magari definito anti-comunista.
La caduta del muro di Berlino ha segnato la fine dei regimi dell'est ma non ha cancellato l'idea di un'altra possibilità economica e sociale, il sogno dell'assalto al cielo, la pratica di trasformazione; non ha ucciso l'idea di comunismo che, ancora oggi, risulta essere l'unica possibilità di impedire il declino ambientale, la crisi economica, il disagio sociale e la povertà, la pace e la giustizia sociale.
La caduta del muro di Berlino può ancora essere un buon viatico per ripensare al futuro del comunismo.

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