Giovanni Lo Porto, se fosse stato un militare ucciso dai talebani?

Oggi è stato cremato Giovanni Lo Porto, il cooperante palermitano ucciso da un attacco americano al confine tra Afghanistan e Pakistan.
Speriamo che oggi, insieme al suo corpo, non siano rimaste incenerite tutte le speranze di giungere alla verità sulle cause e sulle dinamiche della sua morte.
Infatti, troppi elementi di questo ennesimo mistero italiano rimangono ancora senza risposta. Sarebbe una ferita alla democrazia (l'ennesima!) se ai tre anni di silenzi richiesti dalla Farnesina, ai familiari e alle istituzioni che hanno seguito il caso, si dovesse sommare il definitivo oblio sulla vicenda.
L'Italia è un Paese dove diventano eroi nazionali fucilieri che sparano a pescatori inermi, mentre si cancella dalla memoria collettiva chi ha perso la vita in nome della pace e della cooperazione internazionale.
L'Italia è un Paese in cui le istituzioni assistono inermi alle comparsate mafiose che assurgono alla pomposità spocchiosa di funerali di Stato. L'Italia è un Paese in cui la stampa nazionale elargisce spazi televisivi solo a chi urla più forte.
Il triste funerale di Giovanni Lo Porto sembrava quasi una rimpatriata di amici. In assenza dello Stato.
E se fosse stato un militare, impegnato in una delle tante missioni militari all'estero, ucciso da terroristi talebani? Certamente avremmo avuto i funerali di Stato, le istituzioni presenti con i pennacchi e i cavalli, i giornalisti dell'audience a sgomitare davanti la bara.
Invece, Giovanni Lo Porto era solo un giovane cooperante che, ogni giorno, si impegnava per la pace e quindi merita, evidentemente, solo silenzio e oblio. A maggior ragione visto che è stato ucciso dagli alleati.

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