ITALIA, LA DEMOCRAZIA È A RISCHIO E LA SINISTRA SBAGLIA TATTICA E STRATEGIA
Le elezioni politiche del 2018 segnano uno spartiacque nella
Storia d’Italia: nasce ufficialmente la terza Repubblica con l’uscita di scena
delle forze politiche e dei leader di partito che hanno caratterizzato il
dibattito pubblico negli ultimi venticinque anni.
Si affermano forze politiche solo recentemente nate o
trasformate: il Movimento 5 Stelle è indubbiamente l’esperimento politico più
innovativo (ed inquietante) e la Lega Nord ha mutato la sua mission diventando un partito sovranista
e nazionalista, abbandonando logiche di secessione e di corporativismo
territoriale.
Non bastano le semplificazioni né appare utile alla
comprensione dei fenomeni sociali e politici limitarsi ad etichettare come
“populiste” queste due forze politiche. L’insieme del voto al Movimento 5
Stelle e alla Lega Nord (che presentano diversi elementi di contiguità)
rappresenta circa il 50% del Paese votante e mostra la contemporaneità di
elementi apparentemente incompatibili: la voglia di cambiamento; la protesta
contro la vecchia classe dirigente e le sue pratiche di potere; il rifiuto
delle recenti scelte politiche ed economiche che hanno acuito la crisi; la
necessità di affrontare problemi complessi, come l’immigrazione e la sicurezza
nazionale, con semplificazioni televisive o con la caccia alle streghe.
Bisogna fare i conti con un risultato che non fa dormire sonni
tranquilli: l’affermazione elettorale di pulsioni reazionarie e proto-fasciste
e la prospettiva dell’ingovernabilità rischiano di rappresentare un elemento
destabilizzante per la tenuta democratica del Paese.
Buona parte di responsabilità per le attuali italiche sorti
è da attribuire all’incapacità del Partito democratico, che è stato
ininterrottamente al governo per quasi sette anni attuando una politica
economica compatibile con le strategie dei grandi gruppi finanziari e della
Banca Centrale Europea, privando l’Italia di significativi investimenti
pubblici in economia.
La politica estera del Paese ha operato in piena continuità
con la corsa agli armamenti favorendo le scelte neocoloniali operate
fattivamente attraverso gli investimenti dei grandi gruppi industriali
dell’energia e del petrolio. La politica interna è stata caratterizzata dallo
scimmiottamento della destra in materia di sicurezza e ordine pubblico evocando
pericoli e attuando pratiche securitarie.
I grandi interventi strategici del Paese: l’istruzione e la
formazione, la tutela della salute pubblica, la salvaguardia dell’ambiente e
gli investimenti sull’innovazione tecnologica e scientifica sono stati cancellati
dall’agenda politica.
Questo scenario è stato caratterizzato da un grande vuoto,
inedito in buona parte dell’Europa dove, negli ultimi anni, sono cresciute
forze politiche di sinistra che hanno operato una critica radicale alle scelte
liberiste del campo socialista.
Questo in Italia non è avvenuto e la responsabilità è da
addebitare soprattutto all’incapacità dei gruppi dirigenti della sinistra di
operare un’analisi profonda della condizione del Paese. È mancata l’indicazione
di una strategia alternativa ed è emersa l’incapacità di operare un
rinnovamento nei gruppi dirigenti che sono rimasti legati alle stesse
esperienze del passato.
La scelta di presentarsi alle elezioni con due liste
distinte della sinistra, Liberi e Uguali e Potere al Popolo, è stato un gravissimo
errore, frutto dell’incapacità dei dirigenti politici di interpretare i
pericoli incombenti e il sentimento del Paese che, ansioso del cambiamento, ha
preferito consegnare al Movimento 5 stelle una parte importante dell’elettorato
della sinistra radicale.
Liberi e Uguali e
Potere al Popolo sono due esperimenti falliti, da archiviare definitivamente,
perché nati esclusivamente in funzione elettorale e dentro una dinamica priva
di qualsiasi respiro progettuale.
Si apra immediatamente una fase di riflessione profonda
dentro i partiti della sinistra che hanno l’obbligo morale e politico di
rinnovare profondamente l’analisi della fase, le proposte progettuali, le
scelte tattiche e i gruppi dirigenti.
Lo scenario non è facilmente decifrabile nel breve periodo
ma i troppi partiti di sinistra del Paese abbiano la capacità di ripartire
dall’opposizione, politica e sociale, per delineare, fuori da logiche settarie
e autoreferenziali, una strategia unitaria di lunga durata e un’attenta tattica
elettorale in grado di riannodare i fili di un nuovo ed ampio fronte
democratico.
Perché in Italia, oggi più che mai, è a rischio la
democrazia, quella nata dalla Resistenza e garantita dalla Carta
costituzionale.
Sono assolutamente d'accordo
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