ELEZIONI SICILIANE, VECCHIE CONFERME E QUALCHE NOVITÀ…
Le recenti elezioni
regionali siciliane consegnano un quadro politico e sociale particolarmente
preoccupante: la vittoria della destra è schiacciante e consolidata. I voti di
Nello Musumeci (831mila pari al 39,9%) sono pressoché identici alla somma delle
due candidature di destra del 2012 (lo stesso Musumeci e Gianfranco Micciché).
C’è una grande avanzata del Movimento Cinque Stelle il cui candidato
presidente, Giancarlo Cancelleri, raddoppia i voti di cinque anni fa avendo un
risultato rilevante (722mila pari al 34,7%) e addirittura ottiene oltre 200mila
voti in più rispetto alla sua lista.
Pessimo il
risultato elettorale del candidato di centrosinistra, Fabrizio Micari (389mila
voti 18,7%), che addirittura ottiene 100mila voti meno delle liste (489mila voti
25,4%) che lo sostengono, scontando le responsabilità del disastroso governo di
Rosario Crocetta.
Il risultato della
lista Cento Passi Per la Sicilia (100mila voti pari al 5,2) e del suo candidato
presidente Claudio Fava (128mila 6,2%) è incoraggiante perché consente di riaprire
uno spazio di azione politica e sociale per la sinistra siciliana e riporta
dentro l’Assemblea Regionale Siciliana un suo rappresentante, visto che dal
2001 la sinistra non riusciva ad eleggere un deputato, a causa dello sbarramento
al 5%.
Il consenso
ottenuto non era scontato, infatti la polarizzazione della campagna elettorale,
grazie ad un uso sapiente dei sondaggi propinati ad arte, e il bombardamento
sul voto utile ha reso molto complicata l’attività elettorale della lista di Sinistra
che ha dovuto faticare moltissimo ad evidenziare le proposte politiche e
programmatiche che sono rimaste insabbiate dentro la palude mediatica.
La percentuale di
voti raggiunta da Claudia Fava è di poco superiore rispetto a quella ottenuta
da Giovanna Marano cinque anni fa ma con una sostanziale differenza, visto che
a sostegno della ex segretaria regionale della Fiom c’erano Italia dei Valori
(che prese il 3,5% e alle elezioni comunali palermitane di pochi mesi prima
aveva addirittura superato il 10%) e Leoluca Orlando che, sull’onda di una
fortissima spinta popolare, era stato appena eletto sindaco di Palermo.
L’esito finale
della lista Cento Passi è molto importante poiché ottiene 40mila voti in più
rispetto alla lista della sinistra unita del 2012 (PRC, SEL e Verdi) passando
dal 3,1% al 5,2%.
La lista Cento
Passi ottiene buoni risultati nelle grandi città dell’Isola, oltre la media regionale, dove il
voto è più libero e meno condizionato dal sistema delle preferenze individuali
che ha caratterizzato trasversalmente il risultato di tutte le liste
(Sammartino del PD eletto con 32mila preferenze a Catania; Genovese di Forza
Italia oltre 17mila a Messina; Tamajo di Sicilia Futura a Palermo con 14mila
preferenza).
Il risultato della
città di Palermo è in assoluto il miglior risultato ottenuto dalla lista della
sinistra (18.600 voti pari a 8,5%) che certamente non rappresenta un fuoco di
paglia, infatti consolida e rafforza l’ottimo risultato ottenuto dalla lista
unitaria della sinistra alle elezioni comunali del giugno scorso (Sinistra
Comune: 16.555 voti pari al 7%).
Il governo
regionale, con i suoi dodici assessori, si presenta nel segno della continuità
con gli ultimi governi regionali (ex assessori di Cuffaro, di Lombardo e
deputati che sostenevano Crocetta) e, nello stesso tempo, ostenta i volti nuovi
della destra siciliana direttamente riconducibili al nuovo corso instaurato da
Musumeci.
C’è una grande
novità politica che appare immediatamente visibile: l’assenza in giunta di
uomini o donne riconducibili a Confindustria, contrariamente a quello che è
avvenuto in questi ultimi anni.
Ritengo che questo
sia un bene per il sistema delle imprese siciliane. Infatti l’attivazione di
una cinghia di trasmissione che ha visto Confindustria diventare parte organica
del governo della regione ha determinato che l’attività propria dell’associazione
datoriale venisse puntualmente ricondotta all’interno della polemica politica.
A ciò si aggiunga
che i procedimenti giudiziari avviati nei confronti di dirigenti di Confindustria
Sicilia, nei cui confronti per cultura politica mantengo un atteggiamento
garantista, abbiano indotto alcuni di noi ad alzare i toni, accusando Confindustria Sicilia, nel suo complesso, di collusione mafiosa. Ciò
ha rischiato di trascinare l’intero sistema delle imprese siciliane.
Oggi il fatto che
Confindustria sia fuori dall’agone politico rappresenta un bene per la Sicilia,
perché col governo Musumeci il sistema delle imprese potrà tornare a svolgere
il ruolo che gli è proprio e questo potrà giovare all’autonomia della politica
e ad un nuovo protagonismo associativo di Confindustria che, scrollandosi di
dosso il collateralismo governativo, potrà ricostruire un protagonismo delle
imprese nel rilancio economico e sociale dell’isola.
È evidente che per
la Sicilia serva un rilancio degli investimenti pubblici della Regione e una
rinnovata capacità delle imprese di rischiare, rinunciando alla gestione
diretta della res publica.
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