IL CALCIO, GLI ORIUNDI E LA CITTADINANZA ITALIANA

La diatriba tra Roberto Mancini e Antonio Conte dimostra quanto sia necessaria una nuova legge italiana sulla cittadinanza, vista la vetustà e l'inadeguatezza dell'attuale.
Conte, nel pieno rispetto del principio dello ius sanguinis previsto dalla legge 91/92, ha convocato i cosiddetti "oriundi", calciatori in possesso del passaporto italiano acquisito per una sorta di trasmissione ereditaria.
L'attuazione di questo principio, per estensione, può portare a giocare in Nazionale perfino calciatori che non parlano la lingua italiana e che non hanno mai messo piede in Italia. Non c'è nulla di male, del resto queste persone godono già di tutti i diritti politici in Italia.

Mancini, opponendosi alla convocazione degli oriundi, introduce un principio apparentemente più restrittivo; infatti sostiene che bisogna convocare in nazionale solo quelli che nascono in Italia. Qui c'è un grande interrogativo che denuncia l'iniquità della nostra legge: tutti quelli che nascono in Italia? Oppure quelli che nascono in Italia da genitori italiani?
La legge italiana sulla cittadinanza non prevede lo ius soli, cioè il principio secondo il quale chi nasce in Italia acquisisce automaticamente la cittadinanza italiana, pertanto i primi non possono essere convocati in nazionale. Anche se parlano perfettamente l'italiano, tifano per la Nazionale e si sentono italiani a tutti gli effetti... Ma per legge non sono italiani anche se nati in Italia.

C'è un grande Paese, in Europa, che ha risolto brillantemente la questione e che rappresenta oggi la punta più avanzata del calcio e dell'economia mondiale. La Germania, infatti, annovera tra i suoi campioni del mondo calciatori come Mesut Ozil, Sami Khedira, Jerome Boateng... Tedeschi, nati da genitori non tedeschi, talvolta perfino fuori dal territorio della Germania. Cambiare la legge sulla cittadinanza renderebbe migliore il nostro Paese e più forte la nazionale.

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