Il Palazzo sconfigge il Paese. La Sinistra riparta da Rodotà.

C'erano due strade. Una semplice: il Pd avrebbe potuto votare Rodotà come Presidente della Repubblica, aprire una interlocuzione con quel pezzo d'Italia che, in questi anni, ha sostenuto il referendum sui beni comuni, ha combattuto il berlusconismo, si è battuto per un paese laico e per la difesa della Costituzione. Attraverso questa scelta si sarebbe potuto mettere con le spalle al muro chi aveva conquistato il consenso degli italiani per produrre un cambiamento e che invece aveva cominciato l'esperienza parlamentare limitandosi a mandare tutti a quel paese. Insomma, si sarebbe potuto fare un governo di reale cambiamento.

Invece, dopo averlo negato per settimane, il Pd ha scelto la strada dell'accordo trasversale, del governo di grande coalizione, attraverso la rielezione alla Presidenza della Repubblica di Giorgio Napolitano, l'inventore del governo tecnico guidato da Monti che ha massacrato il Paese e rinvigorito Berlusconi.
Evidentemente si è scelta la strada del politicismo bieco, della politica senza anima che già gode all'idea dell'ennesimo governo Amato, sostenuto da destra, centro e sinistra.
E così si consegna la piazza ai nuovi populisti che con accenti neo-nazisti urlano a golpe e invitano alla riedizione di una marcia su Roma.
Il Pd ha perso l'ultima occasione per essere un partito credibile, spappolandosi e accartocciandosi, consegnando il Paese, per l'ennesima volta, ad un redivivo Berlusconi.

E la sinistra? Può ripartire da Rodotà, uomo serio, colto e di sinistra.

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