Totò Cuffaro, male che vada, è come Leonardo Sciascia.

Cesare Pavese con La bella estate; Elsa Morante con L'isola di Arturo; Carlo Cassola con La ragazza di Bube; Natalia Ginzburg con Lessico famigliare; Paolo Volponi con La macchina mondiale; Primo Levi con La chiave a stella... Per non parlare dei siciliani: Giuseppe Tomasi di Lampedusa ovviamente con Il Gattopardo; Gesualdo Bufalino con Le menzogne della notte; Vincenzo Consolo con Nottetempo casa per casa; Dacia Maraini con Buio.
Alla faccia di coloro che hanno dichiarato la morte dei premi letterari è evidente che la vittoria del premio Strega è stato, in oltre 65 anni, uno straordinario tributo alla letteratura.

Quest'anno tra gli scrittori selezionati per il premio c'è, con grande sorpresa, Totò Cuffaro. Che avesse grande fantasia e capacità di narrazione lo avevamo capito già nella sua precedente vita politica. Adesso può a buon diritto essere annoverato, con Il candore delle cornacchie, tra i grandi interpreti della nostra letteratura a dispetto di coloro che avevano avuto la sensazione che tra i pregi di Cuffaro non ci fosse l'esposizione in italiano. Se dovesse vincere vi sarebbe la dimostrazione che il regime carcerario può svolgere concretamente il percorso rieducativo. Se Cuffaro invece non dovesse vincere avremmo la conferma che il carcere induce alla moltiplicazione dei reati... tuttavia il buon Totò potrebbe consolarsi col fatto che neanche Leonardo Sciascia sia riuscito a vincere il Premio Strega.

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